In milonga con La Panchina




Hoy tenés el mate lleno
de infelices ilusiones, 
te engrupieron los otarios,
las amigas y el gavión; 
la milonga, entre magnates,
con sus locas tentaciones,
donde triunfan y claudican
milongueras pretensiones,
se te ha entrado muy adentro
en tu pobre corazón....

Oggi vi porto la periferia di Buenos Aires a ritmo di tango insieme a Pablo Mosteiro e Nicolás Fuster, musicisti argentini componenti del duo 'La Panchina'





La storia del tango, anzi le storie del tango sono infinite. 
Non è chiaro dove lo sia veramente nato,  tanto meno l'origine del nome. Può essere che i passi di ballo siano posteriori alla musica, essendo creati a posta per accompagnare  melodie già esistenti. Ma quello che è sicuro è che, soprattutto il ballo ha una storia complessa; In appena duecento anni, è passato di essere perseguitato, proibito e censurato ad essere uno dei più amati in tutto il mondo. 

Fu a Parigi dove nel XX secolo il Tango ebbe il riconoscimento giusto. L'accettazione europea fece dì che il tango (inteso come genere musicale) uscisse a sua volta dai lupanari della periferia della Capitale Porteña ai saloni più prestigiosi della città. Un racconto, senza dubbio, appassionante e che racconta meglio di tante altre fonti la storia di un popolo, quello del 'Río de la Plata'.  Tra gli suoi interpreti sono stati figure tali come Carlos Gardel e, più recentemente, Juan Darthés.

Una storia meno complessa, ma non per questo meno interessante, è quella del duo di Tango 'La Panchina' in cui il caso e il web hanno avuto un ruolo fondamentale. Tutte e due figli di Buenos Aires e amanti della musica, Pablo e Nicolás si sono conosciuti tramite CouchSurfing. Ma nessuno dei due è stato mai ospite dell'altro. Pablo stava per arrivare a Roma, e nonostante Nico ci abitasse da un po', non aveva possibilità di ospitarlo, ma sì di dargli una mano in caso ne avesse avuto bisogno. L'amicizia nell'era dell'informatica si potrebbe pensare. Niente di eccezionale, e invece un paio di incontri dopo stava per nascere 'La Panchina'. 

Il duo si fonda a ottobre, appena due mesi fa, ma da allora non si più fermato. Nonostante gli impegni lavorativi di entrambi, hanno già suonato in vari locali di Milonga di Roma e iniziano a registrare e pubblicare alcuni dei brani di tango tradizionali interpretati da loro su Soundcloud. Ho visto cosa sono capaci di fare a casa, senza più strumenti che una chitarra: il swing di Nico e le sfumature della voce di Pablo insieme è qualcosa di straordinario; ne sono rimasta gratamente colpita. Da quando sono piccola a casa mia, a Natale, al posto delle solita canzoncine, tutta la famiglia canta tango, in macchina si ascolta Gardel e in cucina mio padre ogni tanto canticchiava la bien pagà (no, non abbiamo origini argentini!), per cui sentire loro è stata doppiamente un'emozione. 

A questo punto forse qualcuno si starà chiedendo il perché del nome 'La panchina'? Chi più o chi meno ha quell'immagine dei ballerini di Tango che ballano la sera sotto i lampioni, ecco perché ce ne stanno tanti gruppi di tango che si chiamano 'El Farol' (il lampione) ma loro sono andati un passo avanti...e collegando il lampione, con la strada sono arrivati alle...panchine! Poi se si riprende il gergo calcistico stare in panchina, vuol dire stare in attesa di giocare e in parte è quel che succede a loro, all'alba della loro carriera.

Magari potessimo sentirli suonare nella Milonga di Assisi, 33
una delle più prestigiose di Roma! 









 "Il tango è un pensiero triste che si balla" diceva Carlos Gardel, 
e per cantarlo non basta solo avere una bella voce; 'il tango si deve sentire', spiegava Gardel, il più celebre cantante della Pampa, ogni volta che gli veniva chiesto cosa fosse il tango e di cosa si avesse bisogno per interpretarlo. Sono passati parecchi anni da queste dichiarazioni, e nonostante il tango (inteso come genere di musica e ballo) abbia subito certi cambiamenti, la sua essenza popolare, e tanto sentita, è rimasta inalterata. Per quel che riguarda il ballo Carlos Gavito, uno dei maestri della musica 'crolla' afferma che "non c’è niente di più bello dei passi base. In Argentina non si vedranno ballerini che fanno un sacco di passi. In un ballo, tre passi è già troppo".